Il Segno Sentito

Articolo scritto per la “Mostra di Arte Focalizzata” – Il Segno Sentito,
in occasione dell’Incontro Nazionale dei Focalizzatori in Italia – Abano 2023

Donatella Morelli

In occasione dell’organizzazione dell’incontro del Focusing Italiano ad Abano mi sono chiesta: “Perché non fare una mostra dei disegni fatti in focalizzazione, che sono spesso così significativi?”
Ciò che mi si è aperto immediatamente è stato un entusiasmo, una gioia, un desiderio di realizzarla che non riconoscevo in me da tempo, perché mi sono ben presto resa conto che stavo “entrando nella tana del Bianconiglio” o del mondo alla rovescia, quello dell’inconscio e della creatività.

Per prima cosa mi è venuto il desiderio di portare alla visione di un cerchio più ampio dei miei familiari ed amici alcune delle opere che sono nate grazie a delle vere e proprie VISIONI molto profonde (e indimenticabili) che ho avuto focalizzando con le sorelle-amiche-compagne di Focusing.
Questa apertura al mondo è per me fonte di particolare emozione in quanto è grazie al Focusing che si è riaperta la mia vena creativa, dopo ben trentatré anni di chiusura con la pittura e con il mondo dell’arte da cui provenivo professionalmente.

Nella mia storia personale c’è un’esperienza di sofferta auto-esclusione dal mondo dell’Arte (volutamente con la A maiuscola) che decidetti all’età di 28 anni, dopo avere intensamente frequentato per un decennio, da artista visiva, il mondo artistico dell’epoca. Quest’ultimo era composto da una vasta tipologia di intellettuali, artisti, critici, mercanti d’arte e lo stesso pubblico, fortemente influenzati dallo spazio del “mentale”, tale da creare, sponsorizzare e valorizzare tipologie molto simili di opere, molto spesso incomprensibili né tanto meno emozionanti, tutte molto cognitive.

Erano gli anni 70/90, l’epoca dell’Arte Concettuale, degli Strutturalisti, dell’Arte Povera, (molto poco povera visto che le installazioni alla Biennale di Venezia costavano centinaia di milioni delle lire di allora), insieme a tutte quelle correnti dove il mondo interiore era diventato ‘off-limits’ allo sguardo e tutto ciò che anche lontanamente lo ricordava veniva tacciato di ‘antiquato’.

Smisi di dipingere, allora, dopo una sofferta situazione con un famoso collezionista d’Arte milanese che, pentitosi di avere acquistato un mio quadro che, seppur gli fosse piaciuto, non era ascrivibile al mercato dell’Arte dell’epoca (solo perché non conforme alle aspettative del critico di turno che lo aveva visto), ebbe bisogno di sminuirmi ed umiliarmi condendo i suoi commenti sull’opera appena acquistata con una bella dose di disprezzo.

Mi resi conto di non appartenere a quel mondo, di sentirmi un’aliena perché per me l’arte era espressione di uno spazio che non aveva nulla a che fare con l’adesione ad un modello di moda, ad un pensiero ‘comune’, ma aveva a che fare con ciò che veniva da me percepito come espressione della Fonte, con l’ineffabile, con il non esprimibile, il non dicibile, con l’espressione di ciò che di meraviglioso e di terribile può albergare l’Essere Umano e ricordargli da dove proviene.

L’arte era, ed è, per me, uno dei veicoli per esplorare ciò che giace di inespresso nei nostri mondi interiori ed avrebbe dovuto essere libera dai condizionamenti che le mode culturali ed intellettuali pretendevano che dovesse avere.

L’arte era da sempre stata da me intesa come espressione di un qualcosa che aveva a che fare con un ‘indefinibile’ luogo interiore che spingeva per essere espresso, quello che posso ora nominare come ‘luogo dell’Anima’, dove il linguaggio della visione necessariamente si sposava con quello della poesia, del silenzio e della sospensione del giudizio.

Dopo tanto lavoro interiore per “digerire” la scelta fatta di autoesclusione dal mondo artistico, solo dopo avere incontrato il Focusing, (dunque ben trenta e più anni dopo) mi resi conto che ciò che andavo focalizzando in realtà era esattamente ciò che da giovanissima stavo cercando nella pittura: il contatto con il mio Sé spirituale – con tutto ciò che comporta incontrarlo nel corpo.
Ciò che è accaduto, grazie al Focusing, è che in diverse occasioni la forza del Felt Sense che si era presentato era tale da farmi crescere sempre di più il desiderio di dipingere ciò che avevo Sentito/Visto/Vissuto nel corpo… e così sono nate le opere che ho deciso di portare in questo incontro di Abano.
Esse sono tutte frutto e conseguenza di un attraversamento profondo ed indelebile delle focalizzazioni avute, a tal punto che tutte sono state dipinte anche a distanza di qualche anno.

Perché proprio ad Abano? Perché Abano per tutti noi focalizzatori è un pò anche CASA! 

La forza delle immagini che mi sono emerse ha bisogno di venire alla luce, per quello che mi riguarda, in un luogo che possa comprendere come esse possano essere state vissute nel corpo attraversandolo intensamente.
Solo chi focalizza potrà ‘Sentirle’ oltre che ‘Vederle’, aldilà di ogni possibile approvazione (o meno) di ciò che esse rappresentano, o del come viene rappresentato.

Quello che però immediatamente dopo si è affiancato nella mia mente e nel mio cuore è stata la sensazione che dovevo fare anche un altro passo nel mondo dell’espressione del Felt Sense, e che non dovevo essere la sola a mostrare i miei lavori.

Ho da sempre avuto la percezione che il disegno, utilizzato in maniera focalizzata, così come lo avevo imparato a fare sia con la mia insegnante Germana Ponte nel corso da Trainer, sia con René Veugelers nel corso di Children Focusing, fosse foriero di grandi esplicitazioni di vaste profondità, di descrizione di mondi che le parole non riuscivano a restituire, come invece può fare il segno nel disegno, e per questo iniziai ad utilizzarlo e a farlo utilizzare con i miei clienti nelle focalizzazioni.

Ho tante volte verificato, insieme alle persone con cui lavoro, che farle focalizzare sui disegni appena fatti, osservando con semplicità ed apertura ciò che il disegno restituisce, permette una visione indescrivibile su aree, esperienze, parti che altrimenti resterebbero implicite o magari del tutto inespresse, suscitando sempre un grande stupore, che diventa spesso fonte di rilascio e di inaspettati ‘shift’.

Solo successivamente ho incominciato a realizzare che i disegni che emergevano erano caratterizzati da una certa incisività e diciamo ‘bellezza’… se per “bellezza” intendiamo qualcosa che in sé contiene una sua grazia, poesia e, sopratutto, un significato che può essere universalmente riconosciuto appartenente alla nostra Umanità.

Tutto questo inevitabilmente mi ha fatto associare il pensiero che il Felt Sense disegnato, in realtà, è come un prodromo di una azione che possiamo definire essere una “creazione di tipo artistico”. Ovviamente tutto ciò può essere vissuto seguendo vari gradi di ‘completamento’ dell’opera che si viene a creare. Esattamente per questa intersezione tra la rappresentazione del mondi interiori e la bellezza dei segni e simboli emersi, che ho realizzato che si poteva valorizzare tutto ciò che emerge nelle focalizzazioni per portarlo a divenire un momento di espressione artistica vera e propria.

Un altro aspetto interessante che ho potuto notare nel mio proporre il disegno alle persone che focalizzano con me è che, in moltissimi casi, si scatena inevitabilmente il ‘Critico’ interiore, con una tale virulenza da far pensare che… ‘sotto sotto gatta ci cova’…
A prima vista parrebbe che ci sia un pò per tutti, sempre una discrepanza fra ciò che è l’intento che porta ad usare il disegno e la successiva visione di esso, una volta realizzato. Molta frustrazione assale le persone nel guardare ciò che emerge perché non corrisponde quasi mai a ciò che si sente/vede.
In realtà ci si può accorgere abbastanza facilmente che il Critico è lì perché TEME qualcosa, ma cosa teme se non lo svelamento di ‘segreti antichi’, lo svelamento di dolori e traumi spesso totalmente dimenticati?

Teme cosa se non l’emersione di ciò che il ‘Piccolo’ ha dovuto nascondere a sé stesso per sopravvivere ed essere accettato agli occhi del mondo che lo circondava?
Tutto ciò inevitabilmente emerge nel disegno e il Critico lo sa… e quindi fa in modo di ostacolare il processo, mettendosi di traverso, attraendo a sé tutta l’attenzione ed energie della persona che focalizza. 
Quindi, prima di tutto, come ben sappiamo, va accolto LUI… Messer Critico, per potere fargli sapere che siamo in Presenza, che è Lei a condurre con la sua benevolenza, è Lei a gestire ed è Lei in grado di incontrare “tutto quello che c’è, così come è, per tutto il tempo di cui ha bisogno” (Ann Weisser Cornell).

A questo punto una domanda mi è sorta spontanea: “Come mai l’arte è da tempo immemore accompagnata indissolubilmente da una figura, spesso petulante, quale il cosiddetto ‘Critico d’Arte’” che è dedito a veicolare informazioni estranee all’opera d’arte in sé?

Proprio la presenza del Critico mi ha fatto comprendere che c’era qualcosa di più grande nel disegno focalizzato, perché richiamava la nostra umanità, le nostre sofferenze e profondità esistenziali, così come la bellezza e la vastità dell’esistenza.
E non è forse da queste che scaturisce l’atto creativo?
Non è da ciò che può scaturire un’opera d’arte?

Tutto questo ha strettamente a che fare con un processo che magari è iniziale, può essere sicuramente raffinato ed approfondito, ma che parla direttamente alla nostra intuizione e all’espressione che l’arte ne fa.

Da qui l’idea di chiedere ad amiche, clienti e colleghi/colleghe il permesso di utilizzare qualche disegno fatto insieme per poterlo esporre, per mostrare la possibilità che il disegno focalizzato contiene “in nuce” di essere guardato come si fa quando si è di fronte ad un’opera d’arte.

Volutamente non ho operato alcun modello ‘critico’ o di scelta sui disegni che mi sono stati affidati, perché ho sentito che anche quelli più apparentemente semplici si legano strettamente alla lettura dei simboli che li compongono, restituendo verità ben più profonde di una visione solo puramente estetica o culturale.
Ho solo sentito la necessità di associarli alle parole significative che li avevano accompagnati, proprio per sottolineare la danza che intercorre tra la parola significativa, il disegno, il segno, il colore, il simbolo e il Felt Sense che li riunisce tutti.

Con questo ho invitato a guardare (e leggere) queste ‘opere’ donando loro la dignità di un fatto artistico che parla dal cuore e dal corpo delle persone che si sono esposte, al cuore e al corpo di chi le fruisce, per instaurare un dialogo diretto con il nostro Sè.
È questo dialogo cosa è se non ARTE?

Donatella Morelli, in arte DonaMore
Fanano 26.08.2023

Colgo l’occasione per ringraziare di cuore tutte le persone che si sono date tanto da fare per darmi una mano a montare la mostra, oltre che ad offrire le loro opere, i cui nomi sono scritti nella locandina in altro, oltre al Comitato Organizzatore di Abano 2023 che mi ha entusiasticamente sostenuta.
Senza il loro aiuto non sarei riuscita a montarla (e a smontarla) in tempo.